Il “terzo tempo” diventa un film, tra palla ovale e riscatto sociale

Arrivare ad un riscatto sociale attraverso lo sport. Il rugby come etica sportiva, amore e scuola di vita: parla di questo “Il terzo tempo“, primo lungometraggio di Enrico Maria Artale, già vincitore del Nastro d’Argento 2012 con il corto “Il respiro dell’Arco“, in uscita quest’oggi nelle sale italiane.

Il titolo è esplicativo: nel rugby il terzo tempo è il momento in cui, al termine della gara, le due squadre che si sono date battaglia in campo tornano a fare la “pace” mangiando e bevendo insieme. Un momento di fratellanza sportiva e fair play, “la quiete dopo la tempesta” come lo definisce Edoardo Pesce, uno dei protagonisti del film.

Così come tra le due squadre, anche nell’animo di Samuel (interpretato da Lorenzo Richelmy), protagonista della pellicola, deve tornare la quiete dopo una tempesta fatta di piccoli furti, rapine e carcere minorile. Ci riuscirà grazie a Vincenzo (Stefano Cassetti), assistente sociale con problemi di alcol ed ex stella del rugby, che lo inserirà nella squadra locale, da lui allenata, e grazie alla quale il protagonista riuscirà, tra mille difficoltà, a trovare la serenità e l’amore per Flavia (interpretata da Margherita Laterza), figlia dello stesso Vincenzo.

L’idea di portare la palla ovale nelle sale cinematografiche nasce nella testa di Artale già nel 2009, dopo aver diretto un documentario su L’Aquila Rugby, nel momento del tragico terremoto che colpì la città abruzzese. Tutte le sue idee sono poi sfociate ne “Il terzo tempo” nel momento in cui la società di produzione del Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma ha proposto al regista di lavorare ad un film di fiction che parlasse di riscatto, ragazzi e rugby, insieme a Francesco Cenni e a Luca Giordano.

Il soggetto non è tra i più originali (ricalca in parte la trama del film statunitense “Forever Strong” del 2008 mai uscito nelle sale italiane) ma riesce a dare una immagine straordinaria di uno sport come il rugby. Riconduce lo spettatore ai valori sportivi di una disciplina dove la lealtà, la sopportazione della sofferenza e l’attitudine al superamento degli ostacoli sono precetti fondamentali per la formazione di ogni suo praticante. Il rugby, sport in continuo sviluppo in Italia, viene utilizzato come metafora della vita attraverso l’espediente del terzo tempo: fatica, sudore, frustrazione e dolore si trasformano in condivisione e spensieratezza attraverso i rimbalzi troppo spesso incerti della vita e della palla ovale.

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