“Hours”, l’ultimo spettacolo di Paul Walker

Che la tragica scomparsa di Paul Walker abbia sconvolto appassionati di cinema e non è noto. Che Hollywood sia cinica come tutte le fabbriche di soldi, anche. Ed è così che la morte di Walker diventa un pretesto per la distribuzione praticamente immediata di Hours, film girato dall’attore americano mesi prima di Fast & Furious 6, e mai rilasciato né negli States, né in Europa.

La notizia è che la casa produttrice di Hours, opera prima dello statunitense Eric Heisserer, ha annunciato l’uscita negli USA della pellicola in un numero limitato di sale, a partire dal 13 dicembre. A pensar male è peccato ma spesso ci si azzecca, diceva un detto. In questo caso non ci sarebbe nemmeno bisogno di pensar male, tanto è evidente l’intenzione (assolutamente legittima) dei produttori e distributori dell’opera di battere il ferro finchè è caldo, sfruttando la commozione e lo sbigottimento globali provocati dalla tragedia di pochi giorni fa.

Quello che verrà ricordato dunque come l’ultimo film girato da Paul Walker esprime in effetti una delle performance più difficili ed intense della sua carriera. L’attore appena venuto a mancare interpreta in Hours il ruolo di Nolan Hayes, uomo che il 29 agosto 2005 vede la propria vita trasformarsi in incubo: la moglie Abigail (Genesis Rodriguez), trasportata d’urgenza in ospedale, muore dando alla luce la loro bambina. La piccola, nata in maniera prematura, può respirare nei primi due giorni di vita solo con l’ausilio di un macchinario, che però sta per esaurire la propria autonomia. Perché, come se non bastasse, proprio durante quei momenti, l’uragano Katrina si abbatte su New Orleans, costringendo l’ospedale all’evacuzione. All’interno della struttura rimane solo Nolan, che per salvare la figlia appena nata, è costretto a vedersela con l’impossibilità di chiedere soccorsi, l’isolamento generale e gli sciacalli, pronti a saccheggiare l’ospedale in un momento così critico.

Se si escludono alcune inverosimiglianze e imperfezioni dettate probabilmente dall’inesperienza (si tratta, come già detto, di un esordio alla regia), Hours non è completamente da buttare.
Il plot in sè è piuttosto fragile: è difficile immaginare una struttura ospedaliera in stato di evacuazione in cui ci si dimentica di perlustrare tutti i reparti, lasciando quindi Nolan e la sua bambina in una situazione estrema. Heisserer inoltre, che non può nemmeno contare sulla fotografia – invero piuttosto mediocre – fatica a dettare i giusti tempi al suo film, che patisce frequenti cali di ritmo, da imputare anche alla struttura monolitica dell’impianto narrativo.

Tuttavia Hours riesce in maniera piuttosto brillante e con sufficiente disinvoltura nell’intento di legare le vicissitudini private, individuali, a quelle pubbliche, collettive. Il countdown (perché sostanzialmente si tratta, come suggerisce il titolo, di una corsa contro il tempo) è scandito da messaggi provenienti dai notiziari televisivi (quelli veri, del 2005), che a tratti richiamano alla mente non tanto i disaster-movie prodotti dalla Hollywood minore, quanto quelli più imponenti, di scuola Emmerich o l’ultimo Levinson di The Bay.

Il vero motivo però, manco a dirlo, per cui Hours merita almeno un’occhiata è Paul Walker. Lungi da noi incensarlo perché appena scomparso, ma se si arriva fino alla fine della visione, il merito è esclusivamente suo. Anche perché, di fatto, per almeno tre quarti della durata, il film si regge totalmente sulle sue spalle: Nolan è solo contro l’indifferenza della natura, proprio come il James Franco di 127 ore.

Sciacallaggio o meno, dunque, si può anche essere semplicemente grati a chi ha stabilito la distribuzione imminente di Hours. Così da non ricordare il buon Paul Walker solo per essere stato il biondo di Fast & Furious.

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