Kiev, abbattuta statua di Lenin. La folla urla: “Yanukovich, sei il prossimo”

Kiev, viale Shevchenko: la folla esulta e le automobili suonano il clacson in segno di approvazione mentre alcuni militanti di Svoboda, il partito ultranazionalista ucraino, tirano cavi d’acciaio con cui hanno legato la statua di Lenin, ancora al centro di Kiev. Tra l’entusiasmo generale, la statua cade di schianto. “Abbiamo aspettato questo momento per decenni“, esclama un manifestante, “ora è successo“.
Yanukovich, sei il prossimo“, grida la folla.

È questa l’ennesima reazione alla decisione del presidente Yanukovich di congelare un accordo di associazione tra Ucraina ed Ue. Sono settimane infatti che la protesta prosegue, nonostante le temperature sempre più basse e l’apparente disinteressamento del governo. Il presidente Yanukovich, infatti, non ha esitato -nonostante la situazione incandescente- a lasciare il Paese per un viaggio di stato in Cina, della durata di tre giorni; viaggio che comprendeva anche una breve visita di passaggio a Mosca, da cui Yanukovich sembra ancora preferire quegli aiuti economici che potrebbero risollevare la situazione dello Stato. Tuttavia, a quanto ha dichiarato il portavoce presidenziale russo Dmitry Peskov, non sarebbe stata discussa l’adesione all’unione doganale proposta dalla Russia.

Putin infatti non demorde: l’Ucraina avrà il suo pacchetto di aiuti finanziari e la sua fornitura di gas solo se accetterà di entrare a far parte dell’Unione Eurasiatica, un progetto a cui sta lavorando dal 2011 e che comprenderebbe Russia, Bielorussia, Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan ed altri paesi ex-sovietici. Peccato che, nel frattempo, a Kiev i manifestanti abbiamo fatto a pezzi uno degli ultimi simboli rimasti di un passato verso cui non solo sembrano non voler tornare, ma da cui premono per allontanarsi.

I cittadini cercano ad ovest il futuro dell’Ucraina. Ma sono davvero la maggioranza? In realtà l’Ucraina è un paese ancora diviso in due: da una parte la popolazione parla la lingua nazionale e la chiesa è quella uniate-ucraina. Sono loro, al seguito del partito ultranazionalista Svoboda di Oleg Tiahnybok, del “Patria” della Tymoshenko e dell’Udar di Vitali Klitschko (ex pugile pluricandidato come sindaco di Kiev) a premere per un’apertura verso l’Unione Europea, speranzosi nell’allargamento del mercato che ne deriverebbe e disposti, per ottenerlo, a sottostare ai regolamenti comunitari.

Dall’altro lato, però, c’è ancora il versante est: una consistente fetta di ucraini russofoni ed ortodossi a cui dopotutto continua ad ispirare più sicurezza l’ala protettrice della Russia. E allora, per quanto a Kiev le immagini delle folle bardate nelle bandiere nazionali siano da quindici giorni uno spettacolo quotidiano, occorre ricordare che si parla solo di metà Ucraina. Non per niente, pochi giorni fa il presidente Yanukovich è sopravvissuto ad una mozione di sfiducia.

Il baricentro insomma si fa sempre più sottile e la preoccupazione è quella di una svolta violenta; le forze europeiste continuano a darsi da fare per evitare gli scontri, sono state organizzare catene umane per evitare che i membri più radicali vengano a contatto con la polizia e lo stesso Klitschko ha invitato ad una protesta pacifica, ma la tensione potrebbe esplodere da un momento all’altro: mancano due giorni allo scadere dell’ultimatum delle autorità, prima di un’intervento della polizia.

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