Dicevano che in Europa avrebbe fatto fatica. Un calcio più fisico, più tattico, meno adatto alle sue caratteristiche. Le sue prodezze durante la Confederations Cup erano state accompagnate da una grossa dose di scetticismo: il partito degli “europeisti” e dei detrattori del futebol bailado lo aspettavano al varco. Perché la tradizione insegna che il calcio brasiliano è lontano anni luce da quello del vecchio Continente. Ma Neymar da Silva Santos Junior non è un brasiliano qualsiasi, non lo è mai stato. Ha trascorso la sua vita sin da bambino sotto le luci dei riflettori, come una star televisiva, come un predestinato. E da predestinato si è presentato quest’estate in Catalogna, nel regno di Leo Messi. Ha scelto la Catalogna, perché si sa, bisogna saperci convivere con la saudade quando si manifesta. E farlo tra le spiagge e il sole di Barceloneta non è la proprio la stessa cosa che in Castiglia, dove l’inverno è troppo rigido e il mare è troppo distante per chi è abituato a passare le giornate in bermuda ed infradito.
“Romario, Ronaldo e Ronaldinho sono degli idoli e non ha senso fare paragoni; io spero di poter aiutare questa squadra e in futuro, chissà, mi auguro che il mio nome verrà ricordato tra quelli dei calciatori che hanno fatto grande il Barcellona” aveva dichiarato davanti ai 57 mila del Camp Nou il giorno della presentazione. E pare che il suo nome da quelle parti lo abbiano ben impresso in mente, a sentire le continue ovazioni di ieri durante la partita contro il Celtic.
Non che lo avessero dimenticato dal 26 ottobre scorso, quando con le sue giocate aveva strapazzato il Real Madrid nel primo Clasico della sua carriera. Non proprio il biglietto da visita di un giocatore qualsiasi. Qualcuno era arrivato pure a mettere in dubbio la sua compatibilità con Messi, non solo a livello tecnico, ma anche caratteriale. Perché c’è chi sostiene infatti che se non sei nelle grazie della Pulce argentina, la maglia blaugrana fai fatica ad indossarla.
L'”hat-trick” di ieri ha fatto di lui il quinto giocatore della storia ad aver messo a segno una tripletta con il Barça in Champions League dopo Ronaldo, Ronaldinho, Eto’o e Messi, e il primo capace di segnare tre gol sia in Coppa Libertadores che nella massima competizione europea. Statistiche non proprio da buttare via per un giocatore alla sua prima stagione nel vecchio Continente. “Per noi vincere il Mondiale è quasi un obbligo” ha dichiarato prima dei sorteggi con un po’ d’incoscienza. Una nazione intera glielo chiede, quasi glielo pretende. E il ragazzo di soli 21 anni è chiamato a crescere in fretta. Il suo popolo ha bisogno di un eroe.