Derby di Milano: i ricordi della redazione Sport BlogLive

Una città in fermento in attesa di un risultato. Novanta minuti capaci di condizionare umori, rapporti personali, vita privata. Settimane d’attesa, di preparativi, neanche fosse Natale. La questione Curve ad alimentare la tensione degli ultimi giorni. In poche parole il derby di Milano: Inter contro Milan. Ecco a voi i ricordi più intensi e significativi della nostra Redazione legati al derby della Madonnina.

Il primo successo di prestigio nella stagione del Triplete, alla seconda di campionato. Quattro a zero. Anzi, zero a quattro. Perché così faceva e fa ancora più effetto. Ricordo ancora come se fosse ieri: il caldo di fine agosto, il forfeit all’ultimo momento per la trasferta a Milano, l’esordio del neo acquisto Wesley Snejider e una ferita ancora non del tutto rimarginata dalla cessione di Ibra. Fu un’apoteosi dal primo all’ultimo minuto. Prima Thiago Motta con un diagonale imparabile al 28’ dopo un triangolo sublime con Eto e Milito, poi il rigore dell’argentino al 35’ e il tracciante del Colosso Maicon a Storari battuto. Infine il sigillo del Drago, Dejan Stankovic a metà della ripresa per il poker che valse l’egemonia cittadina. Giganti senza avversari, un tripudio tinto di nero e azzurro. Da lì partì la trionfale marcia di Mourinho e dei suoi soldati alla conquista dell’Italia e dell’Europa. (Fabio Pittau).

Anno di grazia 2004. Una fredda serata di fine febbraio: Milan e Inter scendono in campo per la 6a giornata di ritorno. I rossoneri guidano la classifica, i nerazzurri sono lontani anni luce. Ma il derby è storia a parte. Passa l’Inter: Stankovic beffa Dida con parabola arcuata da corner. Cristiano Zanetti bissa, con tiro deviato da Kaladze che dolcemente si infila nella rete rossonera. Sembra tutto finito. 2 a 0 nel primo tempo e gloria per gli uomini di Zaccheroni. Occhi della tigre e nella ripresa i rossoneri calano l’asso. Tomasson è lesto nello sfruttare un’indecisione di Toldo e riapre i giochi. Kakà taglia a fette la mediana interista e chiude con rasoiata a fil di palo: 2 a 2. Serve una giocata, il colpo di un campione. Seedorf decide che sia giunto il suo momento: ottiene la palla sulla sinistra, si accentra e scaglia il bolide. Un tempo lungo un’eternità, una traiettoria imparabile: la Sud impazzisce di gioia. 3 a 2 Milan, il derby è rossonero . (Andrea Frau).

Ho visto giocare Maradona, Baggio e Van Basten. Ma nessuno mi ha incantato come il Fenomeno. Lui poteva decidere un partita da solo. Un difensore calcola quanto la palla sia distante dal suo avversario, per intuire se recuperare o se anticipare. Con Ronaldo, quell’equazione matematica, fatta al volo in campo, è sempre sbagliata. Non importa quanto la palla sia lontana da lui, Ronaldo ci arriva. Il derby più bello che io ricordi è quello del 22 marzo 1998. L’Inter di Simoni è fortissima, vincerà una Coppa Uefa e perderà uno scudetto per un abbaglio. Il Fenomeno segna con un pallonetto soave, docile per una curva, beffardo per l’altra. Prima e dopo di lui un gladiatore, El Cholo Simeone, timbra il gol del vantaggio e quello che chiude le danze. Il suo colpo di testa è una sassata, la sua progressione, a 3 minuti dal ’90 un prodigio di forza, dal manuale del contropiede. Nel mezzo quel pallonetto. Il colpo del fenomeno. Le braccia aperte, il sorriso di un bambino che vola verso lo scudetto. Almeno, per quella sera, fu così .(Cristiano Carriero).

Cosa vuol dire derby per un tifoso rossonero? Semplice: Milan, 6 tutta la mia vita. L’Inter e il mese di maggio hanno una relazione complicata. Il milanista si compiace sempre, nel ricordare quello storico derby del 2001. 0 a 6, neanche fossimo sul verde prato londinese di Wimbledon. Comandini, il Re dell’Est Shevchenko, il Concorde Serginho, persino Chicco Giunti. Una pioggia di goal, Cesare Maldini, ringiovanito di almeno 40 anni, a guidare una squadra inDiavolata. Tardelli rintanato nella panchina nerazzurra: nessuna gioia, nessun grido o corsa di liberazione stile Spagna ’82. Mani in tasca e labbra serrate. Il delirio è milanista. (Gianluca Sasso)

Un sabato di aprile del 1995, due giorni prima del mio nono compleanno, andò scena il primo derby dell’era Moratti. Quella partita mi è rimasta impressa nella mente per vari motivi, primo tra tutti la situazione un po’ “particolare” in cui mi trovavo. Il clan nerazzurro della mia famiglia si era riunito, per la prima volta, in quel di Viareggio, a casa di mio zio. Sky all’epoca era solo una parola che sul vocabolario italiano-inglese indicava la parola cielo, e l’unico modo per vedere la partita era possedere un abbonamento a Telepiù, che il caro zietto non aveva. In qualche modo però si prodigò per riuscire a rimediare, e alla fine ce la fece: decoder “pezzotto” (ma funzionante) e vai col calcio! Sul 2 a 1 per noi, Ruben Sosa si involò sulla fascia e mise in mezzo una pennellata mancina, come poi solo Recoba avrebbe fatto in maglia nerazzurra. Su quel cross si avventò Nicola Berti, che scagliò un terrificante destro a volo che, beffardamente, toccò la traversa e la schiena di Seba Rossi, portiere del Milan, prima di insaccarsi. Cavallo pazzo Berti, idolo di mio padre, corse sotto la curva ad esultare con la sua solita faccia da schiaffi, quella che i tifosi del Milan tanto odiavano, mentre noi ci abbracciammo con gli occhi colmi di gioia (Vincenzo Renzulli).

“Milan tanta roba “ intitolava la Gazzetta dello Sport del 5 maggio 2008 il giorno dopo. Il Milan non solo ha vinto il derby della Madonnina, ma ha agguantato il quarto posto in classifica a discapito della Fiorentina e per di più ha rinviato di qualche settimana la festa scudetto dei cugini. Nel 2-1 finale timbrano il cartellino Inzaghi, all’ennesimo nonché ultimo gol nella stracittadina meneghina, abile ad angolare di testa un cross dal fondo di Kakà, e lo stesso pallone d’oro brasiliano, altrettanto astuto nell’approfittare di un errore grossolano dei futuri campioni d’Italia. Chiude il match un gol su punizione di Cruz alla mezz’ora della ripresa. Una partita bella ed intensa ancora nel mio cuore. (Andrea Ferrari)

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