Il Natale ai tempi dei social network

Mancano poche ore al Natale 2013, invece della solita lettera ho pensato che la cosa migliore da fare fosse discutere di come sia cambiata questa festività ed il modo in cui la viviamo nell’era dei social media. Ne ho discusso con Vincenzo Moretti, sociologo del lavoro presso la Fondazione Di Vittorio e autore del libro Testa, mani e cuore.

Che Natale festeggeremo in Italia? Che impatto avrà la crisi?

Immagino di non essere originale, non mi va neanche di esserlo, e perciò ti dico che è tosta. Troppe nostre ragazze, e ragazzi, non possono pensare al futuro, troppe famiglie fanno i conti con la possibilità di perdere il lavoro. E bada bene che quando parlo di impossibilità dei giovani di progettare il futuro non mi riferisco solo a chi non lavora, ma anche ad una buona parte di quelli che lavorano. Io nel luglio del 1980 ho guadagnato il mio primo stipendio e a ottobre mi sono sposato, avevo 25 anni e uno stipendio normale, anzi anche un po’ al di sotto del normale, però anche uno stipendio così ti permetteva di avere una famiglia tua.

Ecco, questo fammelo dire “chiatto chiatto”, come diciamo a Napoli, a me fanno ridere questi che si atteggiano a grandi visionari perché offrono 800 euro al mese ai ragazzi che lavorano per loro. Che ci provassero loro a mettere su casa con quei soldi lì. Alla fine anche chi lavora continua a vivere con mamma e papà perché se si azzarda a mettere il naso fuori deve vivere per lavorare invece che lavorare per vivere. Detto tutto questo, aggiungo che per fortuna il Natale ha una magia tutta sua e questo fa sì che sia una giornata speciale quasi per tutti.

Come è cambiato il modo di vivere le festività nell’era dei social network?

Internet ha ridefinito i caratteri della modernità, è un episodio di sviluppo non cumulativo che ha messo in discussione i dogmi precedentemente condivisi e ha rideterminato i confini di ciò che per noi è certo, stabile, e ciò che invece non lo è, ci “costringe” a riscrivere le partiture di valori, credenze, preferenze sociali che fanno da colonna sonora alle nostre vite, i nostri modi di comunicare, di vedere e di interpretare il mondo, e di condividerlo con altri, come noi e diversi da noi. Natale compreso. Gli esempi sono infiniti, dai biglietti di auguri che corrono via web alle piazze digitali (bacheche, tweet, blog, ecc.), dal brindisi di mezzanotte allargato agli amici via skype alle tombole a distanza con i parenti americani.

I social network moltiplicano le possibilità, aumentano la realtà, permettono non solo e non tanto di sostituire cose, ma di aggiungerle, e questo secondo me è l’aspetto più interessante. Nessuno mi chiede di rinunciare a brindare o a giocare a tombola con gli amici e i parenti presenti, però mentre prima potevo farlo “solo” con loro, oggi posso anche con quelli che per variegate ragioni stanno da altre parti nel mondo.

Più condivisione vuol dire più partecipazione emotiva o solo vanità digitale?

No, secondo me la vanità digitale non c’entra, o meglio, anche qui, la vanità se c’è è a prescindere, nel mondo analogico come in quello digitale. Più condivisione vuol dire più partecipazione, non solo emotiva, anche sociale, razionale, politica. Condividendo, ci riconosciamo con altri come noi e diversi da noi, definiamo, scopriamo e confrontiamo identità, costruiamo futuro. Ecco, rubando la battuta a un vecchio e anche un po’ melenso film, direi che “condividere vuol dire non dover mai dire mi dispiace”. C’è solo da migliorare. Da crescere. Da guadagnare. A patto naturalmente di accettare lo scambio, il carattere per così dire multiverso del concetto di condivisione.

Cosa hai scritto nella tua lettera a Babbo Natale? Cosa chiedi per il tuo Paese e cosa per te stesso?

A Babbo Natale ho chiesto salute, sicuramente anche per me, ma prima di tutto per le persone a cui voglio bene. Faccio da sempre così, solo che adesso, dopo i due anni tremendi che ho alle spalle, definisco un ordine di priorità, nel senso che se possiamo stare meglio tutti è meglio, se deve proprio capitare qualcosa è meglio che capiti a me, che dei Moretti rimasto sono il meno giovane (in realtà il più vecchio, ma è Natale, lasciamela passare). Per il mio Paese ho chiesto di fare del lavoro il motore del cambiamento di cui ha bisogno, a partire da Sud.

Mi piace l’Italia che dà meno valore ai soldi e più valore al lavoro, meno valore a ciò che le persone hanno e più valore a ciò che sanno e sanno fare. Mi piace pensare che intorno al valore e alla cultura del lavoro, l’Italia possa cogliere opportunità importanti e moltiplicarle. Sì, ho chiesto questo a Babbo Natale, e lui mi ha risposto che si può fare, che però noi italiani dobbiamo dargli una mano, perché da solo nessuno ce la può fare, neanche lui. Gli ho appena rimandato la mail, gli ho scritto che può sicuramente contare su di me, e che assieme a me può contare su un sacco di altra bella gente, persone che quando fanno una cosa ci mettono testa, mani e cuore. Antonio, mi sono permesso di fare anche il tuo nome, so che non me ne vorrai.

Buon Natale,
Vincenzo

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