A4, autostrada dei veleni

L’Arpa di Brescia ha scoperto scorie di cromo sotto l’autostrada A4, l’arteria stradale che, attraversando tutta la pianura padana, collega Torino a Trieste. La presenza costante di ingorghi ha reso necessaria la realizzazione di una terza corsia. Nel 2010 si sono aperti i primi cantieri e quest’anno i lavori, almeno per il tratto che collega Torino a Venezia, sono terminati.

Durante la realizzazione di un sottopasso per la linea ad alta velocità nel tratto di Castegnato, un comune in provincia di Brescia, l’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente ha accertato che questa terza corsia sarebbe stata realizzata sopra scorie industriali altamente tossiche. Il dato più preoccupante riguarda la presenza del cancerogeno cromo, con concentrazioni 1400 volte oltre i limiti di legge. Improbabile, se non impossibile, risalire, a distanza di oltre 20 anni, dalle procedure di appalto e sub appalto ai responsabili di questo disastro ambientale. Intanto, la Procura di Brescia ha ricevuto una doppia denuncia da parte del comune di Castegnato e dalla stessa Arpa.

Recentemente non sono mancate scoperte simili. I diciotto chilometri dell’autostrada Valdastico sono finiti a luglio nel mirino della Direzione Distrettuale Antimafia di Venezia. Per realizzare la massicciata erano state utilizzate 155.000 metri cubi di scorie di acciaieria non inertizzate. Tra gli indagati Ettore Lonati, presidente della Alfa Acciai e Pierluca Locatelli, l’imprenditore bergamasco già accusato di avere avvelenato anche il sottomanto della direttissima Brescia-Bergamo-Milano e di aver versato una tangente a Franco Nicoli Cristiani, ex vicepresidente della Regione Lombardia.

Ad aprile controlli effettuati in Veneto tra Quarto d’Altino e San Donà avevano rivelato un ulteriore caso di veleni nascosti sotto i tappeti di asfalto del Nord Italia. A finire sotto accusa, in questo caso, fu la Mestrinaro Spa, la cui attività consiste nel bonificare terre, rocce da scavo e scorie derivanti da combustione provenienti da Mestre e Marghera per produrre un materiale chiamato Rilcem, un misto cementato. In realtà, la Mestrinaro non ha mai effettuato alcun tipo di bonifica, limitandosi a mescolare le sostanze tossiche con cemento e calce. In questo modo, acquistava materiale a 29 euro a tonnellata e invece di bonificarlo, ad un costo di 45 euro a tonnellata, lo rimetteva in circolazione a 39 euro a tonnellata.

Ma c’è di più. Nel bresciano dai rubinetti scende acqua con sempre più cromo. I bagni di cromo sono una protezione essenziale per tutte le lavorazioni metalliche. Il problema è che, fino a pochi anni fa, le scorie liquide venivano scaricate semplicemente nei corsi d’acqua e nel terreno. La sua presenza media, dati Asl alla mano, si aggira intorno ai 10 microgrammi per litro, mentre la legge parla di un limite massimo di 5 microgrammi per l’acqua di falda, che si alza a 50 microgrammi per quella che scende dal rubinetto. Per comprendere la gravità del problema, secondo le linee guida dell’Organizzazione Mondiale della Sanità la concentrazione di cromo nelle acque destinate al consumo umano deve essere di norma inferiore ai 2 microgrammi al litro.

Per evitare che le falde acquifere vengano ulteriormente inquinate, l’Arpa ha chiesto a Cepav Due, il consorzio che provvede alle analisi e alle attività sui siti sui quali sorgerà la TAV, di installare dei piezometri, cioè dei pozzi di osservazione per la campionatura dell’acqua, a monte e a valle della velenosa scoperta e di procedere con la bonifica. Cepav ha già in corso una bonifica 500 metri più a ovest, verso Ospitaletto: anche lì nel tracciare il percorso dei binari sono emerse centinaia di tonnellate di scorie di acciaieria.

Queste vicende confermano che la storia industriale italiana non è solo una storia di lavoro, di fatica, di piccole soddisfazioni e grandi gioie, ma è anche la storia di un’intera Nazione avvelenata. I costi dello smaltimento dei rifiuti sono stati scaricati sull’ambiente per decenni. In questo modo, in passato, molte aziende del Nord sono riuscite ad essere concorrenziali, ad esempio, con quelle tedesche. Per anni, la Germania ha accusato l’Italia, addirittura, di dumping, cioè di immettere nel mercato interno materiale a costi più bassi rispetto a quelli prodotti localmente e questo è stato possibile abbattendo i costi dello smaltimento dei rifiuti nocivi. Nel caso dell’A4, è evidente che, per risparmiare alla voce “smaltimento rifiuti”, aziende del territorio abbiano deciso di sbarazzarsi dei propri veleni, nascondendoli sotto l’asfalto della nascente strada.

La nostra Repubblica è stata intossicata, sin dall’inizio della sua storia, da una serie di veleni, che l’hanno resa debole e malata. Veleni storici e morali, ma anche criminali e fisici, come quelli che infestano il sottosuolo e il mare del nostro Paese. Dall’amianto dell’Ilva di Taranto e dell’Eternit di Casale Monferrato, dalla diossina della Terra dei Fuochi al cromo della Tricom Galvanica di Tezze sul Brenta e dell’A4, cambia solo il killer, ma il risultato è sempre lo stesso: decessi per neoplasie o casi di asbestosi.

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