Andrew Bynum, da ‘next big thing’ a giocatore senza squadra

Se arrivi nell’Nba nel 2005 a 18 anni, direttamente dalle High School, dopo che una squadra prestigiosa come i Los Angeles Lakers hanno speso una scelta alta nel Draft, è probabile che il futuro ti sorrida. Andrew Bynum, corpo oversized e apertura alare da pterodattilo, appena giunto allo Staple Center avrà guardato in alto, lì dove svettano i gonfaloni delle casacche ritirate, e vedendo scritti i nomi di Wilt Chamberlain, Kareem Abdul Jabbar, Shaquille O’Neal e George Mikan (tra i centri più forti di sempre, senza il minimo dubbio) il pensiero di poter essere un giorno insieme a loro nell’Olimpo dei giganti gialloviola qualche brivido te lo fa venire. Se poi Kareem diventa anche il tuo mentore e maestro, messo a posta lì per insegnarti l’arte del gioco sotto canestro, e uno dei tuoi compagni di squadra risponde al nome di Kobe Bryant, quel pensiero diventa una speranza concreta.

Ma la vita non sempre mantiene ciò che promette, e 8 anni e mezzo dopo Bynum è stato al centro di uno scambio che lo ha portato a Chicago, dopo esser stato ceduto l’anno prima da Los Angeles nella trade che ha portato Dwight Howard in gialloviola e aver militato in altre due squadre, con pochi momenti positivi e problemi fisici (e non solo) senza sosta. I Bulls, una volta ottenuto il suo contratto, hanno pensato bene di tagliarlo, non ritenendolo utile alla causa. Ora Andrew si ritrova nel limbo dei giocatori senza casacca, e aspetta un’offerta da qualcuno che voglia dargli la possibilità di rendersi utile. E pensare che fino a un paio d’anni fa per qualcuno era il miglior centro Nba, e non un qualcuno qualsiasi…

Il già citato O’Neal infatti riconobbe in Bynum l’unico “big man” che poteva essere paragonato ai grandi della precedente generazione, grazie alla capacità di giocare spalle a canestro che ormai fa parte del repertorio di pochi. Ma come ha fatto un simile talento a perdersi in così poco tempo? La risposta è apparentemente semplice: i problemi alle ginocchia. Gli infortuni hanno iniziato a tormentarlo dal 2008, e anche nel 2009 e nel 2010, quando i Lakers vinsero il titolo, il centro da Plainsboro dovette limitare il suo apporto nei playoff, anche se in regular season dimostrò in pieno tutte le sue potenzialità. Ma c’è anche un altro aspetto importante da considerare, che completa il puzzle di una carriera non pienamente realizzata.

Per capire meglio, torniamo ai playoff del 2011. I Lakers affrontavano i Dallas Mavericks, futuri campioni della Lega. In gara 4, dopo le prime tre sconfitte e un’eliminazione ormai prossima, il piccolo play portoricano Barea (che in quella serie fece letteralmente a fette la difesa gialloviola) penetrò in area, e nel momento dell’appoggio a canestro Bynum intervenne con un’ingiustificata gomitata volante, rischiando di mandare l’avversario in ospedale.

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Quel gesto è solo la punta dell’iceberg di una personalità particolare, al confine tra l’immaturità e l’incoscienza, che gli ha impedito una piena maturazione a livello umano. Per questo motivo, e per la convinzione che non sarebbe stato mai del tutto sano, nel momento migliore della sua esperienza a Los Angeles (nel 2012 ha fatto segnare quasi 19 punti e 11.8 rimbalzi di media) la società ha deciso di spedirlo a Philadelphia nel famoso scambio che poi portò all’arrivo di Dwight Howard. Nella città dell’amore fraterno Bynum avrebbe potuto essere leader e uomo di punta, ma ancora una volta i suoi comportamenti infantili non lo aiutarono. Mentre era in cura per i problemi al ginocchio pensò bene di giocare a bowling, e durante una partita il suo ginocchio sinistro si infortunò ancora.

Nel corso della scorsa estate è stato firmato dai Cleveland Cavaliers, decisi a puntare sul suo recupero (anche se con un contratto particolare, con soli 6 milioni garantiti, che permetteva loro di potersi liberare dal suo ingaggio in caso di problemi). Dopo alcune prestazioni incoraggianti, la metà oscura della personalità del giocatore è tornata a galla: il 28 dicembre la società ha deciso di metterlo fuori rosa, per una imprecisata condotta deleteria che stava condizionando tutti i componenti della squadra. Qualche giorno fa la notizia della trade con Chicago, e l’immediato taglio.

Ora che è libero, diverse squadre sono interessate a lui per completare il roster. La speranza di tutti è di poterlo rivedere concentrato in campo, anche con un ruolo minore, e con due ginocchia (e un cervello) finalmente funzionanti.

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