Quando Internet è la terapia e aiuta a sentirsi meno soli

Spesso ci ritroviamo a criticare le nuove tecnologie, i modi in cui vengono utilizzate, l’eccessiva facilità con la quale inseriamo dati, foto e pensieri personali. Ci sono delle volte, però, in cui la rete può essere il giusto luogo dove smettere di sentirsi soli, dove trovare conforto, aiuto, o semplicemente una mano (anche se virtuale) amica.

È successo ad una donna, affetta da una malattia molto rara, l’angiodema idiopatico o orticaria cronica. È una malattia che mantiene il corpo in costante stato di allergia e, nel sangue, viene rilasciata di continuo una grande quantità di instamina che causa gonfiore, prurito e molto dolore. Una malattia della quale, i medici, ancora oggi non conoscono la possibile cura.

Colpisce all’improvviso, senza una causa, senza un’origine particolare ed eliminando qualsiasi traccia di ottimismo in qualunque persona ne venga colpita. Questa ragazza affetta da angiodema, ha portato avanti innumerevoli cure, alcune molto pesanti e nocive per fegato e reni. Le recavano un sollievo momentaneo perchè, come tutte le medicine allopatiche, non curavano la malattia dalla radice, semplicemente la rendevano più sopportabile per qualche ora.
Internet, secondo i suoi racconti, l’avrebbe aiutata molto.

In rete, la ragazza si è unita ad una community nata per persone affette dalla sua stessa malattia. All’interno di questo spazio virtuale, le persone si scambiavano consigli, storie, esperienze e contribuivano a far sentire se stessi e gli altri meno soli e forse meno diversi.

D’altronde sono sempre di più, nell’epoca del web 2.0, le persone che si affidano ad Internet per effettuare ricerche su eventuali patologie legate a determinati sintomi e che si iscrivono a gruppi, creati sui vari social network, che permettono di confrontare esperienze e conoscenze in materia di malattie specifiche o semplicemente in campo medico.

Uno studio effettuato nel 2011 da Bpua, gruppo assicurativo britannico, e commissionato dalla London School of Economics, certifica che in Italia circa l’81% della popolazione utilizza la rete in cerca di consigli sulla salute, sull’utilizzo e sull’assunzione di farmaci.
E ancora: lo stesso studio conferma che circa il 47% degli italiani utilizza il web per effettuare un autodiagnosi, digitando i propri sintomi e traendo le proprie conclusioni.

Internet chiaramente non può essere considerata una cura, ma rappresenta un valido supporto psicologico per un paziente affetto da patologie gravi, per rendersi conto di non essere soli, di non essere gli unici a vivere un disagio e sopratutto per condividerlo con qualcuno che non è esterno a quella situazione, anzi, la vive in prima persona. Ci si riconosce in quelle persone, ci si sostiene, ci si offrono soluzioni differenti da quelle farmacologiche, come quali cibi è meglio evitare, quali rimedi naturali utilizzare e forse, un po’, ci si racconta come sopravvivere.

Sono tante, come dicevamo, le persone che trovano nei social network o nei blog, il modo per “esorcizzare” la malattia. Lo afferma anche Anna Constantini, presidente della Società Italiana di psiconcologia, che porta a esempio Federica Cardia, la ragazza sarda che perse la vita per un tumore al colon dopo una lunga battaglia, raccontata sul suo blog, “Tanto vinco io”, in cui confidava le sue paure e allo stesso tempo mostrava al mondo la sua grande voglia di vivere.

Forse, quando si è colpiti da una malattia che non ha una cura, e che quindi insieme alla salute ti toglie anche ogni piccola speranza di vita, l’unica cosa che può aiutare è parlarne, condividere le proprie paure, le proprie sensazioni con qualcuno che le provi allo stesso modo. Mettendole nero su bianco, le paure prendono forma ma si realizzano e si affrontano.

Ecco, forse Internet, in questo senso, è stata davvero una grande invenzione.

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