Agnelli tuona: “futuro del calcio in pericolo”

Il calcio è una vetrina eccezionale per l’italia, ma il suo futuro è in pericolo per l’immobilismo delle istituzioni“, questo è un passaggio del discorso di Andrea Agnelli, presidente della Juventus, intervenuto all’incontro per i festeggiamenti del decennale dell’Associazione parlamentare “Giovanni Agnelli“, tenutosi al senato.

LA CRISI DEL PALLONE
Il calcio è il primo sport nazionale ma, come tanti settori d’eccellenza del nostro Paese, vive un momento economico disastroso. I grandi club di casa nostra che una volta primeggiavano in campo intercontinentale oggi fanno molta fatica ad assemblare squadre competitive degne dei blasoni che rappresentano. Un esempio lampante sono i ridimensionamenti di compagini come Milan ed Inter, che fino a pochi anni fa festeggiavano traguardi gloriosi e adesso si ritrovano risucchiate senza pietà nel vortice delle squadre di mezza classifica. Tutto questo anche, bisogna riconoscerlo, all’atteggiamento positivo e propositivo di presidenti di team appena risorti, come De Laurentis per il Napoli e i Della Valle per la Fiorentina, ambiziosi e concreti nei limiti delle loro capacità economiche. Ma l’Europa è solo un lontano ricordo; la stessa Juventus, divoratrice di avversarie italiane, non riesce a spuntarla fuori dai propri confini. Ciò deve necessariamente far riflettere.

LE POSSIBILI SOLUZIONI
Agnelli punta il dito contro le istituzioni. Da molti anni a questa parte si parla di una riforma dello sport che consentirebbe, a tutte le società sportive italiane (non solo calcistiche), di adeguarsi a quelli che sono parametri e modelli riconosciuti nel resto d’Europa e del mondo, riguardanti: fiscalità, modalità contrattualistiche, tutela sanitaria e gestione delle strutture sportive. Ma tutto ciò non avviene, si è decisi a proseguire con la legge 91/81, vecchia di ben 33 anni.

Uno dei problemi principali riguarda la condizione di fatiscenza e non omologazione delle strutture sportive presenti in Italia. Ritornando al calcio, molti si sono schierati a favore di una legge sugli stadi (non ancora approvata) capace di permettere la creazione di impianti di proprietà di ultima generazione favorendo le società con delle agevolazioni burocratiche. In parole povere, possibilità di costruire un impianto che non superi i 50.000 posti, in meno di 6 anni.

Ciò farebbe aumentare gli introiti per le società che, quindi, avrebbero più liquidità da investire nella gestione della squadra approfittando, come accade già per la Juventus con il suo Stadium, di strutture commerciali adiacenti lo stadio date in gestione o locazione a soggetti esterni. Le società hanno inoltre chiesto, mesi addietro, che potesse essere data loro la possibilità di creare veri e propri centri residenziali intorno gli stadi, questa richiesta è stata bocciata per evitare speculazioni edilizie. Il modello inglese sembra ancora lontano, perché lontano è il punto d’incontro tra istituzioni e società calcistiche.

Una cosa è certa: se il calcio rappresenta una vetrina per il nostro Paese, non possiamo di certo andare fieri dell’immagine che oggi mostriamo all’estero.

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