Nation Branding, un’idea controcorrente per rilanciare la nazione

I dati sono chiari siamo al 40% di disoccupazione, un record estremamente negativo. Circa 667.000 ragazzi compresi fra i 15 ed i 24 anni. Senza contare che l’emigrazione in Australia di cittadini italiani con visti lavoratore-studente, ha superato la percentuale raggiunta negli anni 50, con un incremento nel 116% arrivando a Settembre 2013 al numero di 18.610 connazionali presenti sul suolo australiano.

La fuga di cervelli, negli anni, non ha interessato solo l’Italia, ma anche molti altri paesi, come la Russia e l’Iran che però adesso stanno lavorando, al contrario di quello che facciamo noi, per farli tornare. “Gli altri” cercano di ricondurre queste menti sul suolo natio attraverso una campagna di National Branding, o proiezione nazionale, che si sta rivelando un’idea con delle solide basi.

Fermare la “fuga di cervelli” è quasi impossibile, il fenomeno migratorio infatti è un “normale” processo naturale nel mondo accademico e scientifico. In un articolo apparso su un quotidiano iraniano, il ministro della scienza, ricerca e tecnologia Reza Faraji Dana ha spiegato che “ogni anno, circa 150.000 talenti lasciano l’Iran; il loro valore equivale, approssimativamente, a 150 miliardi di dollari”. Sicuramente i dati saranno esasperati, ma lo scenario che il ministro ha presentato non è molto diverso da quello italiano.

Sia gli iraniani che i russi hanno quindi messo in funzione una possibile ricetta di rientro per i giovani che si trovano all’estero attraverso appunto una politica interna forte, ordine e una “pubblicizzazione” politica ed accademica estera, che riesca a catalizzare l’attenzione del mondo, facendo in modo che gli studenti poi decidano di riprendere la strada di casa, lavorando per sponsorizzare al meglio il “Brand” e facendo ripartire l’economia locale.

Oleg Alekseev, del Fondo Skolkovo, ha proposto anche un piano a progetti, pensato per chi all’estero magari già ci lavora da tempo, ideando dei piani a progetto dai due ai cinque anni. “Non ha senso cercare di far tornare per sempre i ricercatori russi che sono emigrati; possiamo offrire loro la partecipazione a progetti concreti, per 3-5 anni”. Infatti nell’ambiente scientifico è diffuso da tempo un sistema su base progettuale: si invita un collaboratore a lavorare su un progetto concreto per un certo periodo di tempo, in questo modo alcuni decideranno di prendere parte ad altri progetti scegliendo autonomamente di rientrare in patria.

Per quanto riguarda l’Iran, invece, molto dipende dalle sanzioni occidentali, che se si allentassero, permetterebbero alla nazione di aprirsi con una maggior libertà al commercio internazionale; e se i giovani iraniani emigrati troveranno una maggiore libertà economica e sociale, allora sì che anche loro potranno recuperare un po’ di talenti sparsi qua e là e ricominciare a crescere.

All’Italia quindi, in un ottica del genere, che cosa resta?

L’Italia stessa, che di sicuro non possiede materie prime che possano ridare slancio iniziale, rappresenta la prima nazione per l’esportazione di moda e design e tra le nazioni più avanzate in campi tecnici come la meccanica, insieme a Germania e Giappone.Senza contare che l’Expo 2015 si terrà in Italia e sarà un altra occasione per metterci in mostra e soprattutto di portare il “marchio italiano” nel mondo.

Le possibilità ci sono eccome, basta saperle impiegare al meglio e avere le giuste “teste” che sappiano supportare il paese.

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