Luxuria: “Gay è ok”, ma il problema in Russia è dirlo in giro

Se il presidente russo Putin pensava di essersi tolto di dosso l’immagine di intransigente – per non dire dittatore – liberando le due Pussy Riot ed il prigioniero politico Mikhail Khodorkovski a un mese dall’apertura delle Olimpiadi invernali di Sochi, si sbagliava di grosso.

A giochi aperti, infatti, l’ex deputata di Rifondazione Comunista Vladimir Luxuria è la prima ad aver approfittato dei riflettori puntati sulla città russa. Dopo esser già stata fermata l’altro ieri per aver sventolato una bandiera gay-friendly, è tornata in campo e più precisamente in quello di hockey sul ghiaccio. Munita di regolare biglietto, si è presentata ai tornelli d’ingresso con un appariscente copricapo arcobaleno, contornato da fiori in plastica ed abbinato ad un gonnellino dagli stessi colori.
Uno spettacolo curioso agli occhi dei russi che, a detta della stessa Luxuria, ha anche attirato alcuni bambini incuriositi da quella che a loro pareva più che altro una “fatina”.

Il messaggio è stato sempre lo stesso, gridato davanti alle telecamere sul posto: «essere gay è ok». Un affronto a cui i poliziotti russi hanno reagito immediatamente, perché contrario alla legge secondo cui ogni tipo di propaganda a favore di «relazioni sessuali non tradizionali» è vietata in tutta la Russia.

In Italia il tam-tam sui social network ha attivato fin da subito una serie di manifestazioni di vicinanza all’ex deputata: il circolo di cultura omosessuale Mario Mieli, per esempio, aveva programmato già in serata un sit-in davanti all’ambasciata russa. A rilascio ottenuto, però, la “guerra” non è ancora vinta: quello che Luxuria ha cercato di portare alla luce è un problema culturale, la cui persistenza continua a minacciare i diritti umani che invece le comunità Lgtb di tutto il mondo si sforzano quotidianamente di affermare.

Il fulcro della vicenda infatti sta nel fatto che si continua a punire la manifestazione di un pensiero. Nel 2014, essere o non essere d’accordo con le unioni omosessuali potrebbe tranquillamente essere paragonato all’essere o non essere d’accordo sulla dieta vegetariana o sulla chirurgia plastica: sono scelte e, al di là di quanto possano sembrare più o meno condivisibili, non dovrebbero mai essere condannate.

A non essere una scelta, invece, è l’essere o no omosessuali. Come non lo è essere bisessuali o transgender, giusto per ricordare cosa significhino le altre due lettere della sigla Lgtb.
In Russia le unioni private omosessuali non sono più reato dal 1993. Allo stesso tempo, però, non vi è una legge che riconosca il reato di discriminazione verso i gay o che garantisca protezione legale per le coppie. A completare il tutto, infine, è arrivato il casus belli: la legge sul divieto di propaganda, che prevede multe di centinaia di euro per i cittadini e arriva a costarne migliaia alle aziende. In conclusione, c’è una fetta di cittadini russi che non riesce ancora a farsi tutelare e, con quest’ultima trovata, è difficile che riuscirà ad avere voce in capitolo anche nel futuro.

«Vorrei dire al signor Putin che la modernità non si dimostra solo dalla tecnologia di un parco olimpico» dichiara Vladimir Luxuria «ma anche dall’apertura mentale. Questo significa essere moderni, essere nel 2014».

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