Disabile segregata tra i rifiuti per otto anni, liberata dalla polizia

Segregata in casa tra i rifiuti per otto anni, imbottita di tranquillanti. È successo a una trentaseienne disabile in via Caldieri a Napoli, nel quartiere Vomero. A liberarla, qualche giorno fa, la polizia.

Lo spettacolo che gli agenti si sono trovati davanti quando sono entrati nella casa è degno di un film dell’orrore. Già dall’esterno, con la porta d’ingresso chiusa, si percepiva un forte fetore. All’interno cumuli di immondizia sparsa ovunque, l’aria resa praticamente irrespirabile dalle esalazioni, e la giovane disabile seminuda che tentava di scaldarsi utilizzando un asciugacapelli. Le tapparelle erano abbassate e bloccate con dei fermi. Una scena scioccante.

La ragazza, che non aveva a disposizione nemmeno acqua e gas, risulta aver conseguito un diploma e sarebbe anche iscritta all’università. Dopo la liberazione è stata trasportata in ospedale, prima al Cardarelli e poi al San Giovanni Bosco. La madre, una sessantanovenne insegnante in pensione, vedova, è stata rintracciata: viveva poco lontano, con la sorella. Non era mai stata in grado di accettare l’handicap della figlia, che le era parso una buona ragione per imprigionarla. Ora si trova in carcere e dovrà rispondere delle accuse di sequestro di persona aggravato e continuato, lesioni personali e maltrattamenti in famiglia. Con lei sono stati denunciati per favoreggiamento il portiere dello stabile, l’amministratore e la sorella.

«È una vicenda che ha dell’incredibile: mi chiedo come abbiamo fatto, tutti noi, a non accorgerci di questa terribile vicenda. Mi sento in colpa – confessa una vicina – Le conosco da tredici anni, sia la giovane sia la madre. Mi ricordo di averle incontrate entrambe in una riunione di condominio, molto tempo fa. Chiara mi sembrò un po’ nervosetta, con dei problemi. Per discrezione non domandai nulla alla signora. Io e mio marito le sentivamo spesso litigare, talvolta furiosamente. Poi niente più, nessun segnale da quell’appartamento. Tempo fa, non avendo avuto più sue notizie e non sentendola più chiesi di Chiara alla madre: mi disse che stava studiando, all’università, e che non dormiva più a casa. Ogni tanto, la incontravo nell’androne del palazzo, con le buste della spesa in mano, un cenno di saluto, buon giorno, buona sera, e null’altro».

Sarà compito della polizia ora fare piena luce su una vicenda drammatica e per molti versi incredibile. Pare che la madre si recasse nell’appartamento dove teneva rinchiusa la figlia una o due volte alla settimana, lasciandole cibo e acqua. In queste occasioni, probabilmente, le somministrava anche ampie dosi di tranquillanti, per evitare che si ribellasse.

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