Caso Gentile, la verità sulle dimissioni

Il sottosegretario Antonio Gentile si è dimesso dopo le infinite polemiche che hanno accompagnato la sua nomina negli scorsi giorni; giornali e web hanno travolto l’esponente del Nuovo centrodestra con asprissime critiche per aver fatto censurare sul quotidiano “L’Ora della Calabria” la notizia delle indagini riguardanti suo figlio.
Questa la cronaca di quello che è successo nella giornata di ieri. Ma che cosa ha portato davvero un politico navigato come Gentile a dimettersi, e cosa ha cercato di nascondere riguardo suo figlio?

Tra i primi a occuparsi della vicenda, nemmeno a dirlo, i responsabili del blog di Beppe Grillo, che all’indomani della nomina avevano denunciato la presenza di individui poco trasparenti nella squadra dell’Esecutivo; l’attenzione si è concentrata poi su Gentile, fino a portare il M5S a voler presentare una mozione di sfiducia in Parlamento per ritirargli la delega; ma il senatore calabrese li ha spiazzati ritirandosi volontariamente prima di questo “scomodo” iter parlamentare.

Il grosso delle accuse a Gentile deriva dalla censura forzata a cui ha costretto il quotidiano per nascondere le beghe legali del figlio, ricavata da un’intercettazione in cui intimidiva i responsabili del giornale, invitandoli a non pubblicare la notizia.

Ecco le pesanti accuse prese dal blog di Grillo: «Gentile non può rimanere un minuto di più. È anche per colpa di gente come lui che l’Italia si trova al 57esimo posto nella classifica mondiale della libertà di stampa. Il Movimento Cinque Stelle sottoscrive in tal senso le parole della Presidente della Commissione parlamentare Antimafia: “Quella sua intercettazione è inquietante e apre una pista di ricerca molto importante per la Commissione nazionale. Cioè l’intreccio tra poteri mafiosi e comunicazione“. Ai sensi della nostra Carta Costituzionale “la stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni e censure”. L’attività intimidatoria messa in atto dal senatore Gentile sugli organi d’informazione locali sottende un atteggiamento anticostituzionale, di estrema gravità, che rende il suo mandato governativo del tutto inopportuno e incompatibile con le sue funzioni».

Parole pesanti, come solito nello stile dei grillini ma che hanno stavolta trovato riscontro, nonostante i tentativi disperati di Alfano, per non rinunciare a un membro importante del suo partito all’interno della compagine di governo.

Rimane un’ultima questione fondamentale da trattare: il perché della presenza di tali personaggi in una squadra come quella di Renzi che si dichiarava dalle parole dello stesso premier «differente da quelle della vecchia politica». La verità è che nonostante i buoni tentativi dell’ex Sindaco di Firenze, la sua maggioranza è appesa a un filo, e l’alleanza con Ncd e i Popolari è tanto a lui sgradita quanto essenziale per la sopravvivenza del suo mandato. La trasparenza assoluta e il taglio con gli errori della vecchia politica a cui Renzi fa di continuo riferimento sono stati travolti da questo scandalo, facendogli perdere in un solo colpo parte della credibilità e dei consensi. Rimangono in posti chiave altri indagati e nei prossimi giorni si vedrà se seguiranno il buon senso che ha accompagnato le dimissioni di Gentile, o se questo braccio di ferro tra Renzi e i suoi alleati continuerà ostacolando le riforme e il lavoro dell’Esecutivo.

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