Covid, autocertificazione falsa? Non è reato: cosa c’è da sapere

Autodichiarazione infedele per motivare gli spostamenti durante l’emergenza Covid-19, il giudice fa sapere perché non rappresenta un reato

 controlli Polizia
Autocertificazione controlli Polizia (Fonte Getty Images)

Sembra che non sia reato mettere una falsa motivazione nell’autocertificazione per giustificare uno spostamento in zona arancione o rossa.

Uno dei primi casi che è finito a processo a Milano è quello di un commesso di un negozio. Questo aveva autocertificato lo scorso 14 marzo 2020 durante un controllo avvenuto in stazione ferroviaria che stava tornando a casa dal lavoro. La verifica dei turni non aveva però confermato la sua versione.

La falsità non può essere ordinata dall’articolo 483, che prevede una sanzione fino a due anni per la falsa attestazione al pubblico ufficiale di ‘fatti dei quali l’atto è destinato a provare la verità’. Questo perché la norma non prevede un obbligo generale di veridicità in merito alle attestazioni fatte dal privato al pubblico ufficiale. Pretende però che abbia rilevanza giuridica la documentazione pubblica dell’attestazione del privato.

Mentire sugli spostamenti nell’autocertificazione non è reato, parla il giudice

autocertificazione falsa spostamenti
martelletto tribunale (Fonte Getty Images)

La giudice ha fatto sapere che nei casi in cui il privato mostra l’autodichiarazione infedele non è semplice decidere dove sia destinata a confluire l’infedele dichiarazione nell’atto del pubblico ufficiale, con le conseguenze previste dalla legge. Inoltre, l’obbligo di dire la verità sui fatti dell’autodichiarazione andrebbe in contrasto con il diritto del singolo di difesa e con il principio che prevede che nessuno è obbligato ad autoincriminarsi.

Sul piano amministrativo resta invece la segnalazione al prefetto di chi ha fatto il controllo, come ad esempio la Polfer per valutare la sanzione amministrativa. Questa va da 400 a 1000 euro e deve sempre essere una sanzione impugnabile.

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