Specialmente nell’ultimo anno, caratterizzato da chiusure varie e lockdown, gli acquisti su piattaforme e-commerce hanno conosciuto un vero e proprio boom. Non fa ovviamente eccezione Amazon, il sito di riferimento in questo campo. Grandi moli di lavoro per i dipendenti, ma a che prezzo?
In particolar modo nell’ultimo anno, durante il periodo coinciso con le chiusure dei vari negozi ed esercizi commerciali, c’è stato un vero e proprio boom di acquisti sulle piattaforme di e-commerce. Cibo, vestiti, elettrodomestici e quant’altro: tanti gli articoli che i compratori online hanno deciso di prendere dai vari siti, su tutti ovviamente il gigante Amazon.
Una mole di lavoro forse mai conosciuta nell’e-commerce più famoso del mondo, già noto per le condizioni decisamente poco ortodosse in cui costringeva a far lavorare i suoi dipendenti nei vari magazzini. Negli ultimi giorni ha fatto discutere lo sciopero di molti lavoratori negli hub di tutta Italia, una mossa volta a far luce sulle moli e ritmi di lavoro sostenuti nei magazzini Amazon.
Una situazione estrema che non riguarda solamente i dipendenti addetti allo smistamento delle merci, ma anche gli autisti dei furgoni che quelle merci devono portarle dentro fuori i magazzini dopo gli ordini. Direttamente da Amazon arriva una triste confessione.
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Amazon: “Pipì nelle bottiglie”, la confessione
#Bezos è l’uomo più ricco del mondo, ma gli autisti di #Amazon, a volte, sono costretti a fare la pipì in una bottiglia per rispettare i tempi di consegna
Pensiamo pure che non sia un problema nostro e poi ritiriamo un pacco dalle loro mani 😳#diritti #lavoro #restiamoumani pic.twitter.com/s3nhQs7u6I
— Paolo Orioli (@OrioliPaolo) April 4, 2021
Dopo la denuncia nel docu film Sorry We Missed You ora arriva anche la confessione di Amazon stessa. L’azienda ammette che alcuni suoi dipendenti, specialmente gli autisti, si sono ritrovati costretti a fare pipì nelle bottiglie per accorciare i tempi tecnici di consegna. “Sappiamo che i nostri autisti possono avere e hanno problemi a trovare i bagni a causa del traffico o perché percorrono strade fuorimano e questo è stato particolarmente frequente durante la pandemia di Covid, quando molti bagni pubblici erano chiusi”.
Una pratica, sembra, che fosse anche a conoscenza dei dirigenti dell’azienda. Una confessione, arrivata fin troppo tardivamente, che getta ulteriori ombre sulle condizioni spesso al limite con le quali i dipendenti Amazon sono costretti a lavorare.