Detto Fatto, Marco Ligabue rivela: “Insultato per il mio cognome”

Bianca Guaccero e Jonathan Kashanian hanno intervistato a Detto Fatto Marco Ligabue. Il cantautore ha raccontato un aneddoto molto particolare in cui le persone lo hanno insultato e fischiato.

Jonathan Marco Ligabue e Bianca Guaccero
Jonathan Marco Ligabue e Bianca Guaccero a Detto Fatto (screenshot RaiPlay)

Come sapete bene, Luciano Ligabue ha un fratello che gli somiglia davvero molto: Marco Ligabue. Quest’ultimo ha appena pubblicato un libro dal titolo Salutami tuo fratello – Cronache spettinate di un rocker emiliano. Per l’occasione della Superclassifica Jon a Detto Fatto che nella puntata del 12 aprile si è occupata dei fratelli e delle sorelle dei vip, Jonathan ha avuto modo di accogliere in studio proprio Marco Ligabue.

Jonathan e Bianca Guaccero, in collegamento da casa perchè affetta da coronavirus, hanno intervistato il fratello di Luciano Ligabue che ha parlato del rapporto con lui ma anche delle sue esperienze. Se Luciano è un rocker sul palco, nella vita reale è sempre stato Marco “la piccola peste”. Dopo tante esperienze, a 40 anni ha deciso di seguire le orme di Luciano e diventare anche lui un cantautore. Perchè non l’ha fatto prima? Per una grande paura. Ma ecco di seguito che cosa ha raccontato.

Detto Fatto, Marco Ligabue rivela: “Insultato per il mio cognome”

Jonathan e Marco Ligabue
Jonathan e Marco Ligabue a Detto Fatto (screenshot RaiPlay)

Marco Ligabue ha raccontato che con suo fratello Luciano il vero rapporto è iniziato quando lui aveva 16-17 anni e ha iniziato a suonare la chitarra. Da quel momento hanno avuto modo di condividere qualcosa. Marco ha poi venduto le magliette di Luciano ai suoi concerti, per tanti anni e tuttora è il suo collaboratore. Ma ha sempre avuto paura di intraprendere la stessa strada del fratello perchè gli amici lo scoraggiavano.

Inoltre, ha raccontato un aneddoto davvero molto particolare. Anni fa lui doveva aprire un concerto di Caparezza e le persone non hanno fatto altro che insultarlo. Prima urlavano che volevano Caparezza, poi “Vasco, Vasco” e alla fine hanno iniziato a fare gesti di qualsiasi tipo.

Lui stava per andarsene dopo due canzoni, ma all’improvviso è scattato il “coraggio emiliano”, ha preso il microfono e ha detto: “Adesso zitti tutti, questa sera io devo fare mezz’ora di concerto e dopo questa mezz’ora potete giudicarmi, dirmi che sono bravo o non bravo, ma prima mi ascoltate senza giudicarmi per un cognome e una parentela, okay?”. Da quel momento le cose sono andate molto meglio.

 

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