Coronavirus, i medici di Pavia parlano in una lettera: “Prima eroi, ora denunciati”

I medici di Pavia, all’interno di una lettera, esprimono tutto il loro malessere e dispiacere per il trattamento subito nell’ultimo periodo nella dinamica del coronavirus.

Prima eroi, salvatori e santi da coronavirus. Ora denunce, esposti alla procura, insulti. È questa la questione che pongono i medici di Pavia, esattamente 19 dottori del Pronto Soccorso, i quali, in una lettera alla Provincia Pavese, hanno voluto denunciare pubblicamente il loro disappunto per quel che sta accadendo nell’ultimo periodo, o meglio, per quello che è successo prima e che ora, con modalità diametralmente opposte, accade quasi tutti i giorni. Parlo dure, amare, che arrivano dritte come un macigno: “Insieme a tutto l’equipe ospedaliero, i malati e a tutto ciò che gira intorno a tale emergenza, abbiamo sperimentato il dolore, la paura, la tristezza, ma anche qualche momento di gioia – dice il professor Pellini, responsabile del reparto – Ora però, incredibilmente, dopo un periodo di massima solidarietà umana, riceviamo richiami, segnalazioni ed esposti in Procura”. Il professore conclude affermando che tutto ciò è ancor più dell’incubo vissuto nel pieno dell’emergenza.

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Coronavirus, non solo gli esposti in Procura per i medici di Pavia

lettera medici pavia
Equipe ospedaliero ai tempi del coronavirus (Getty Images)

Chiedono più rispetto i medici. Per il lavoro fatto e per i danni psicologici subiti, come tutti, in questo tragico momento che sta ancora passando l’intero Paese. La sola voglia di capire chi è stato colui che ha procurato tanto dolore non è la strada giusta da percorrere. “Il virus colpiva come la biglia rossa impazzita di un flipper rotto e lo faceva senza criterio, come una maledizione da cui ciascuno sperava di scampare” aggiungono i dottori nella lettera. Per fortuna esiste ancora qualcuno che, quel rispetto ai medici, in tempi dolorosi, non se l’è di certo scordato. E sono tante famiglie che oggi, in questo momento di caos perenne, vogliono spendere parole di orgoglio per gli stessi medici che hanno accolto i loro cari in quei reparti da “guerra”. La voce dei malati erano gli stessi familiari che ora tornano a parlare per far sì che nessuno dimentichi. O magari incolpi ingiustamente coloro che prima venivano definiti eroi, e che ora vengono denunciati.

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