Covid, Speranza sulle zone rosse: “Potrebbero esserci nuove ordinanze”

Roberto Speranza ha parlato dell’emergenza Covid e dell’istituzione di zone rosse e arancioni nel nostro Paese. Il Ministro della Salute sottolinea la possibilità di nuove ordinanze a breve

Speranza (getty images)
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La situazione relativa al Covid-19 resta sempre più difficile da fronteggiare per il Governo. L’esponenziale aumento di casi nelle ultime settimane ha costretto Conte a nuove chiusure mirate. L’Esecutivo questa volta ha puntato su lockdown mirati. Sono state istituite, infatti, zone gialle, arancioni e rosse, in base alla gravità della situazione in una determinata regione, in base ai dati analizzati. Non sono mancate, però, le polemiche nelle ultime ore, soprattutto a causa dell’assegnazione del “colore” a ogni singola Regione. Il Ministro della Salute, Roberto Speranza, parla a “Il Fatto Quotidiano, ha sottolineato la possibilità di aggiornamenti riguardanti le zone rosse o arancioni nelle prossime 48 ore: “Vedremo i nuovi dati e se necessario ci saranno altre ordinanze. Il Dpcm prevede che il ministro possa intervenire su una Regione, non su una Provincia”. Sono giorni cruciali, dunque, per capire che misure verranno adottate.

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Covid, Speranza chiarisce i rapporti con le Regioni: zone rosse e criteri

Speranza (getty images)
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Riguardo alle polemiche che permangono tra Governo e Regioni, il Ministro della Salute afferma: “Dev’essere chiaro che noi stiamo svolgendo una funzione di supplenza per le Regioni. Non si possono lamentare: i dati stessi vengono da loro. In ogni caso, i tecnici del Ministero si confronteranno con quelli delle Regioni. Sull’area metropolitana può intervenire il presidente De Luca, come ha già fatto Zingaretti a Latina. C’è un modello standardizzato: parliamo di criteri che sono lì da 24 settimane. Ad esempio, se per tre settimane una Regione non dà i dati diventa zona rossa”. Il Ministro distende i toni: “Ora c’è un clima più confortevole, maggiore collaborazione, anche i Governatori capiscono che la situazione è grave. A preoccupare non sono tanto le terapie intensive quanto i reparti dell’area medica”.

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